Assegno di Mantenimento: Studio Legale Santini

Come determinare l' assegno di mantenimento

L'assegno di mantenimento è un istituto previsto dal Codice civile all'articolo 156, secondo cui "il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a carico del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri".

Per comprendere a pieno la ratio dell'istituto occorre innanzitutto rilevare che la separazione ha carattere temporaneo, ben potendo i coniugi decidere di riconciliarsi. È proprio questo carattere di "precarietà" che non fa venir meno quanto disposto dall'articolo 143 c.c. e che, quindi, permette di considerare ancora esistente un vincolo di solidarietà morale e materiale che lega i coniugi, anche se giudizialmente separati.
In secundis, il legislatore, nell'introdurre la disposizione di cui all'articolo 156, ha posto particolare attenzione a ciò che, fino a pochi decenni fa, avveniva nella prassi di molte famiglie italiane: frequentemente, di fatti, un coniuge, e segnatamente la moglie, era solito rinunciare alle sue aspirazioni lavorative e di crescita professionale per concentrarsi unicamente sull'educazione dei figli e sull'andamento "domestico". In quest'ottica il legislatore ha, correttamente, ritenuto di salvaguardare il soggetto che avesse effettuato, d'accordo con il coniuge, una simile scelta e di permettergli, in caso di separazione, di non dover subire unicamente egli stesso gli effetti pregiudizievoli di tale decisione.
Venendo ai presupposti che devono concorrere affinché il giudice si determini a concedere l'assegno di mantenimento, essi sono tre (Cass. Civ. 12.12.2003 n. 19042; Cass. Civ. 18.09.2003 n. 13747; Cass. Civ. 08.08.2003 n. 11965; Cass. Civ. 19.03.2003 n. 4039):

Occorre concentrarsi su cosa il legislatore abbia inteso parlando di "reddito". Certamente il termine reddito è stato utilizzato nella sua accezione più ampia. Il riferimento va, innanzitutto, al denaro ma si intendono comprese anche altre utilità differenti dal denaro, purché economicamente valutabili (Cass. Civ. 03.10.2005 n. 19291; Cass. Civ. 06.05.1998 n. 4543; Cass. Civ. 30.01.1992, n. 961).

A titolo esemplificativo, il giudice dovrà tener conto anche dei beni immobili posseduti, sia dal punto di vista del valore implicito che essi hanno, sia dal punto di vista del ricavato di una eventuale locazione o vendita degli stessi; dei crediti di cui il coniuge obbligato sia ancora titolare; dei risparmi investiti o produttivi; della disponibilità della casa coniugale etc…

( sull’argomento vedi Cass. Civ. 29.11.1990 n. 11523; Cass. Civ. 20.02.1986 n. 1032, Cass. Civ. 14.08.1997 n. 7630; Cass. Civ. 04.04.1998 n. 3490).

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