Diritto di famiglia: divorzio

L’Istituto del divorzio è stato introdotto in Italia mediante la legge 898/1970,
Quando si parla di divorzio si fa riferimento sia allo scioglimento del vincolo matrimoniale sia alla cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario.
Esistono due forme di matrimonio, quello civile e quello concordatario; si parla di scioglimento del vincolo matrimoniale, quando il divorzio interviene in relazione al matrimonio civile, cioè quello che è stato celebrato soltanto davanti all'ufficiale dello stato civile; si parla di cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando il divorzio interviene in relazione al matrimonio concordatario (ovvero al matrimonio celebrato in chiesa e trascritto nei registri dello stato civile, quindi, con effetti sia civili sia religiosi).  L'art. 1 della Legge n. 898/1970 afferma che «il giudice pronuncia lo scioglimento del matrimonio [...] quando [...] accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita». Il Giudice prima di dichiarare lo scioglimento del vincolo matrimoniale (se si tratta di matrimonio solo civile, cioè celebrato davanti all’Ufficiale dello stato civile) o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (se si tratta di matrimonio concordatario), dovrà accertare l’esistenza di due condizioni. La prima, di natura soggettiva, è costituita dalla fine della comunione materiale tra i coniugi, costituita dalla stabile convivenza, da un'organizzazione domestica comune, dal reciproco aiuto personale e dalla presenza di rapporti sessuali; della comunione spirituale consistente nell'affetto reciproco, nell'ascolto, nell'aiuto e nel sostegno psicologico reciproci, nella comprensione e nella condivisione dei problemi, su cui si fonda l'affectio coniugalis che li lega in una vera comunanza di vita e di spirito. La seconda, di natura oggettiva, costituita dall'esistenza di una delle cause tassativamente previste dalla legge (art.3 Legge 898/1970):

    • che sia stata omologata la separazione consensuale oppure sia stata pronunciata, con sentenza definitiva, la separazione giudiziale e siano trascorsi almeno tre anni dall'udienza presidenziale (che è la prima udienza, in ambedue i casi);
    • che uno dei coniugi sia stato condannato all'ergastolo o a qualsiasi pena detentiva per reati di particolare gravità;
    • che uno dei coniugi, cittadino straniero, abbia ottenuto nel suo paese l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio ovvero abbia contratto nuovo matrimonio;
    • che il matrimonio non sia stato consumato;
    • che sia stato dichiarato giudizialmente il mutamento di sesso di uno dei coniugi.

Per la legge italiana deve trascorrere un periodo minimo di 3 anni dalla separazione prima di ottenere il divorzio.
La sentenza di divorzio produce i seguenti effetti personali: il cambiamento dello stato civile dei coniugi, che permette ad entrambi di contrarre nuove nozze; la perdita del cognome del marito da parte della moglie, salvo che la stessa sia autorizzata dal giudice a continuare ad utilizzarlo.
A livello di effetti patrimoniali, la sentenza di divorzio ha i seguenti effetti: l'eventuale corresponsione di un assegno divorzile periodico per il mantenimento del coniuge che sia privo di redditi adeguati e si trovi nell'oggettiva impossibilità di procurarseli. È possibile che esso sia sostituito da un assegno in un'unica soluzione (assegno divorzile una tantum), se le parti si accordano in tal senso; la perdita dei diritti successori;  il diritto alla pensione di reversibilità, ma solo se titolare dell'assegno divorzile; il diritto ad una parte dell'indennità di fine rapporto (40%), se maturata prima della sentenza di divorzio.
Il giudice, ove necessario, può stabilire la corresponsione di un assegno periodico che sia determinato considerando le esigenze del figlio, il tenore di vita goduto durante la convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ciascun genitore, nonché le risorse economiche di entrambi i genitori e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno di essi.
In sede di divorzio il giudice dovrà statuire anche in riferimento alle modalità di affidamento e di mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti (per questi ultimi solo in riferimento al mantenimento). A seguito dell’entrata in vigore della legge sull’affido condiviso, oggi l’affidamento ad entrambi i genitori costituisce il principio generale che deve ispirare l’organo giudicante; tale principio sarà derogabile solo in casi eccezionali e solo per motivi legati alla salvaguardia degli interessi dei figli minori.


Il presente sito web non ha fini pubblicitari, ma ha come unico scopo quello di fornire informazioni generali sullo Studio, senza che le medesime possano essere considerate come offerta di consulenza. Non si garantiscono la completezza né l'aggiornamento dei suoi contenuti

Approfondimenti: Assistenza legale - Assegno di mantenimento - Assegno divorzile - Civilista - Matrimonialista - Avvocati Roma - Avvocato Roma - Divorzista - Diritto di Famiglia - Affidamento condiviso - Consulenza societaria - Separazione giudiziale - Disconoscimento di paternità - Addebito della separazione