AFFIDAMENTO CONDIVISO

Indagine sull'affidamento condiviso dei figli

Sull'affidamento condiviso la legge 54/2006 prevede che il giudice debba disporre l'ascolto del minore che abbia compiuto i 12 anni e anche il minore di età inferiore qualora venga ritenuto capace di discernimento. L'ascolto del minore costituisce un obbligo per il giudice e, ove non vi provveda, dovrà necessariamente indicare in sentenza i motivi per i quali ha inteso escludere l'ascolto.

Ritengo che il problema più serio sia quello di garantire un'effettiva e concreta applicazione dell'affidamento condiviso evitando soprattutto che i vari Tribunali si pronunzino in modo difforme su questioni sostanzialmente identiche, pregiudicando in tal modo la certezza del diritto e generando, negli operatori del settore, una situazione di estrema confusione ed incertezza. E' fisiologico che l'affidamento condiviso non possa essere applicato in modo identico in tutte le situazioni, proprio in virtù del fatto che ogni caso è diverso dall'altro. Ma, lo stabilire dei principi giuda a livello applicativo, da attuarsi al ricorrere di situazioni specifiche rappresenta una necessità imprescindibile ove si voglia realmente dare vita al principio della bigenitorialità.

L'articolo 155 codice civile sancisce il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori. Per conseguire tale risultato è previsto che in caso di separazione dei coniugi (a anche di separazione di fatto) il giudice valuti in via prioritaria che il minore venga affidato ad entrambi i genitori. Tale forma di affidamento viene quindi ritenuta, in via generale, lo strumento più idoneo per garantire l'interesse del minore ad un sereno sviluppo. Resta comunque fermo il potere del giudice, in via residuale, di disporre l'affidamento ad uno solo dei genitore qualora l'affidamento ad entrambi possa risultare contrario all'interesse del minore.

Non contano le responsabilità nella crisi

È necessario premettere che i provvedimenti in materia di affidamento prescindono dalle responsabilità dell'uno o dell'altro genitore nell'avere reso intollerabile la prosecuzione della convivenza a meno che, l'atteggiamento del coniuge contrario ai doveri nascenti dal matrimonio non sia anche espressione di una inidoneità educativa che non può non avere riflessi sul piano dell'affidamento.

Il diritto alla bigenitorialità

La bigenitorialità diviene quindi principio insopprimibile sia dei figli che dei genitori, i quali conservano un interesse diretto a mantenere un rapporto costante con i figli, alle cui scelte di vita essi devono partecipare in modo significativo. In quanto diritto dei figli lo scrivente ritiene che l'affidamento condiviso debba essere disposto anche a prescindere dalla volontà espressa dei genitori (in tal senso Tribunale di Napoli del 22 gennaio 2007).

La derogabilità

In virtù del favor legislativo verso l'affidamento condiviso, una sua esclusione può essere dettata solo da circostanza particolarmente gravi.
Sulla derogabilità alla concessione dell'affidamento condiviso esiste una grande confusione in giurisprudenza dettata per lo più dall'assenza di parametri ostativi prestabiliti e dall'esistenza di pronunzie dei giudici di merito e, soprattutto, di legittimità assolutamente contrastanti da di loro.

Il rifiuto del minore

Una condizione per derogare alla regola dell'affidamento condiviso è rappresentata dal rifiuto netto del minore alla frequentazione dell'altro genitore, rifiuto palesato in modo chiaro, preciso, sereno e spontaneo e che risulti opportuno assecondare anche in virtù dell'età del minore. Ovviamente, compito del giudice sarà quello di accertare se la volontà del minore corrisponde, effettivamente, al suo interesse e verificare se il rifiuto del minore non sia invece frutto di un condizionamento del minore da parte di un genitore o ancora peggio un segnale della così detta sindrome di alienazione genitoriale vale a dire di una situazione di alienazione costante di un genitore la cui figura viene continuamente svilita, demonizzata e svalorizzata dal genitore alienante e che produce in capo al minore una serie di disagi e segnali tra cui il netto rifiuto ad intrattenere rapporti con il genitore alienato.

Il caso della paralisi decisionale

L'affidamento condiviso viene certamente reso difficoltoso dall'assenza di uno spirito collaborativo tra i genitori anche se, la difficoltà di comunicazione, non è di per sé sufficiente ad escludere tale forma di affidamento a meno che non traduca in una impossibilità oggettiva di adottare qualsiasi decisione nell'interesse del minore. Ciò a cui tende l'affidamento condiviso è proprio la corresponsabilizzazione dei genitori e l'assunzione di un compito educativo pieno e, quindi, condiviso, nell'interesse del minore superando rancori e le ostilità. Qualora l'incomunicabilità perduri nel tempo e sia così accentuata da produrre una situazione di "paralisi decisionale" il giudice non potrà che prendere atto dell'assenza della succitata corresponsabilizzazione derogando, quindi, alla concessione dell'affidamento condiviso.

Pertanto, il motivo ostativo alla concessione dell'affidamento condiviso non risiede tanto nella
conflittualità tra coniugi quanto nella mancanza di maturità e nell'assenza di consapevolezza circa l'importanza per il minore di crescere in modo armonico educato ed assistito da due genitori "dialoganti".

L'inidoneità genitoriale

Compito dei genitori è anche quello di rimuovere eventuali livori, pregiudizi o rancori personali dimostrando di avere sufficiente consapevolezza della delicatezza del ruolo affettivo ed educativo. In presenza di caratteristiche personali di un genitore che lo rendano pervicacemente restio a seguire ogni indicazione che possa favorire un riparto non conflittuale delle funzioni genitoriali, solo l'affidamento esclusivo della prole all'altro genitore appare essere la soluzione che meglio possa assicurare il sereno sviluppo della personalità dei figli stessi.

Da ciò si evince che la conflittualità diviene motivo ostativo alla concessione dell'affidamento condiviso solo se è si traduce in inidoneità genitoriale. La mera conflittualità, come sopra esposto, di per sé non può essere motivo sufficiente per ritenere contrario all'interesse dei figli il loro affidamento ad entrambi i genitori atteso che far dipendere la scelta del regime di affidamento dal più o meno armonico rapporto esistente tra i genitori, significherebbe subordinare il primario diritto dei figli alla mera qualità dei rapporti tra i genitori, i quali potrebbero addirittura strumentalizzare il loro conflitto al fine di acquisire un maggiore potere di reciproca interdizione alla piena relazione morale e materiale di ciascuno con la prole, vanificando, di fatto, il fondamentale diritto dei minori a vivere da figli di entrambe le figure parentali.

Ove, invece, la conflittualità sia l'espressione di un atteggiamento totalmente immaturo ed irresponsabile di uno o genitore che palesa, così una manifesta carenza o inidoneità educativa, il giudice non potrà che escludere tale genitore dall'affidamento sorreggendo tale esclusione da una motivazione specifica basata anche sulla non rispondenza, nel caso specifico, dell'affidamento condiviso, agli interessi del minore.

Esistono poi, una serie di condizioni e situazioni che possono risultare ostative alla concessione dell'affidamento condiviso sempre purchè tali situazioni siano espressione di una inidoneità educativa del genitore e che, allo stesso tempo rendano sconsigliabile nell'interesse del minore il ricorso ad una forma di affidamento bigenitoriale.

La distanza

La giurisprudenza ha affrontato in diversi casi il problema dell'eventuale distanza esistente tra il genitore collocatario e l'altro genitore sancendo, a volte, che la suddetta distanza non è un motivo ostativo alla concessione dell'affidamento condiviso e a volte, giungendo ad affermare, che anche una distanza di pochi chilometri può rappresentare una ragione impeditiva al riconoscimento dell'affidamento condiviso.

L'affidamento a terzi

È possibile che entrambi i genitori, per situazioni oggettive o soggettive vengano ritenuti non idonei ad educare i propri figli. Sebbene la disciplina relativa all'affidamento dei figli minori attualmente in vigore non contempli espressamente la possibilità di affidamento degli stessi a soggetti diversi dai genitori, deve ritenersi consentito, anche attualmente, l'affidamento a terzi soggetti (ad esempio i nonni) in caso di incapacità dei genitori ad assolvere ai loro compiti e ciò in virtù del disposto dell'articolo 155 secondo comma del codice civile a mente del quale il giudice può adottare "ogni altro provvedimento relativo alla prole".


 

Approfondimenti: decadenza dalla potestà genitoriale


Avv. Matteo Santini

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L'AFFIDAMENTO CONDIVISO (da affidamentocondiviso.it)

AFFIDAMENTO CONDIVISO (altalex)

L'avvocato Matteo Santini interviene sulle carenze dell'affidamento consiviso: leggi qui

 

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Come fare per ......... vademecum per separazioni, divorzi, tutela e curatela (dal sito del Tribunale di Roma)

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